Lezioni di vita. L’arte, la poesia, la clinica
Possibilità, normalità e l’idea di soggetto
L’idea della possibilità determina il soggetto, lo istituisce. Il soggetto come basamento di se stessi, come monumento dell’idea di sé. Enunciare “Questo non mi è possibile”, prima ancora d’instaurare il calcolo, di calcolare come fare per attuare ciò che, per comodità idiota, sembra impossibile, è l’inno elevato al soggetto, alla soggettività. Al proprio limite non più presunto ma affermato e perseguito.
Il calcolo, il ragionamento sono senza possibilità, né probabilità. Esigono la decisione pragmatica. Non già “devo decidere” o “dovrei decidere”, che comportano ancora il soggetto della decisione, il soggetto che deve decidere, cioè il soggetto titubante, ma la decisione da cui il soggetto è travolto. Solamente con la decisione il modo viene trovato: quando cioè è assolutamente impossibile presumere o anche solo accettare l’ipotesi di potere tornare indietro.
Come fare? Da qui si avvia il dispositivo pragmatico. Da qui si avvia la vendita. Da qui si avvia la riuscita con il suo viaggio. Senza possibilità, ma secondo l’occorrenza; per necessità pragmatica.
L’idea di se stessi è l’idea di comodo, l’idea facile, l’idea che toglie di mezzo il rischio di fare e la pulsione pragmatica per una preferenza accordata alla stabilità, all’inerzia. È l’idea dell’inerte, di sé come inerte. Quest’idea che sorregge il personaggio dell’animazione, che dev’essere animato, per esempio dalla buona volontà, dalla capacità, dalla responsabilità e dal suo senso, è l’idea di sé senza la domanda. Ogni idea di sé prescinde dalla domanda. Questa è la questione essenziale che comporta un varco incolmabile con qualsiasi disciplina e con qualsiasi discorso: la domanda.
In assenza di domanda ogni rappresentazione può affermarsi e generare i più disparati personaggi.
Con la domanda è impossibile venire a patti: la domanda esige l’assoluto. Procede dal patto per la riuscita, non già dal patto sociale e dai suoi compromessi. Ma, senza l’istanza dell’assoluto, il soggetto si consente ogni sentimentalismo.
Cos’è il sentimento? Il sentimento è l’idea comune di sé e dell’Altro, come dev’essere sentita.
Il sentimento, in quanto presunta facoltà di sentire, è la base comune della soggettività; è, in realtà, una prescrizione del discorso dominante dei comportamenti normali e anormali. Stabiliti i comportamenti normali l’anormalità è d’obbligo, per chi non si allinea o per chi presenta qualche caratteristica. La prescrizione è necessaria per allestire la lista delle anormalità o delle anomalie. La psicopatologia è questa: l’elenco di ciò che, pur prescritto, incontra l’anomalia. È chiaro che solo l’idiota è veramente normale.
La ricerca della normalità, che da alcuni è pervicacemente praticata, attestandosi nell’anomalia rappresentata come difetto, o rimpianta, dandola per perduta, è il modo con cui la particolarità è sconfessata, negata, etichettata come disturbo.
La normalità è un miraggio platonico: l’impossibile realizzazione del fantasma di origine. Il discorso ossessivo la volge in età dell’oro, un’età di cui mantiene il ricordo per mantenere il rimpianto senza tenere conto di ciò che accade nell’atto. L’isteria ne fa l’anticipazione della fine.
Il sentimento è una creazione gnostica, una creazione del purismo. A ben considerare è un elemento di controllo sociale: “Nutri buoni o cattivi sentimenti?”. Da quale personalità può essere animato il soggetto? Perché assegnare un soggetto all’istinto, al desiderio, al bisogno? Chi necessita di questo soggetto? Se il bisogno è il significante del malinteso, istituire il soggetto bisognoso, come avviene proponendo o prescrivendo i bisogni della massa, o delle masse, o dei giovani o di quant’altro, è un modo di abolire il malinteso e di istituire il bisogno come categoria, il bisogno reale. Il bisogno è contingente, non reale, e il contingente non può essere previsto, assegnato, codificato.
Il discorso giudiziario procede da questo primo mattone. Chi si occupa dei buoni sentimenti? C’è forse una clinica del sentimento? No, certo; ce n’è invece una psicologia, e un elenco. Cioè una conferma immaginaria. La psicologia è questo: il toglimento della libertà della parola per istituire il soggetto presunto normale e civile.
L’anoressia originaria indica l’assenza di soggetto, l’assenza di sazietà rispetto alla domanda. L’appetito non si sazia di sostanza. Non può accettare la sostanza. Come averne abbastanza, come averne a sufficienza: questa è la sazietà. Ma la qualità non è mai abbastanza. La pulsione si rivolge alla cifra, ma non muore nella cifra. E la soddisfazione indica che il fare non è mai abbastanza; la soddisfazione esige il molto, non la sufficienza.
La sazietà è ironica. Con la questione aperta la sazietà non si realizza nel colmamento.