La liberazione dal destino comune
Il discorso della festa è il prodotto della fantasia mortifera, produce l’economia della morte fantasticata e è basato sulla promessa e sulla sua economia, sul male e sulla sua economia, sul bene e sulla sua economia, cioè tutto è possibile, per economizzarlo, perché tutto è gestito secondo il fantasma di padronanza, per gestire l’idea di fine, che deve essere comune. Idea che accomuna, perché “tutti finiscono, no?”. Destino comune e, allora, sull’idea di destino comune sorge questa modalità, questo costume: l’alternanza festivo-feriale. E qui c’è anche l’idea di liberazione dal destino: per un giorno, il giorno della festa, sei liberato, puoi esaltarti, puoi fare quello che vuoi. C’è questa modalità anche in alcune feste di paese, in varie città d’Italia dove, per un giorno, Tizio fa il sindaco o comanda la città; per un giorno la cittadinanza può trasgredire le leggi, semel in anno licet insanire: fare festa in maniera esagerata, perché nella festa bisogna esagerare. Altrimenti, che festa è se non c’è l’esagerazione?