La generosità, virtù sconosciuta alla società
L’epoca in cui vivete è accomunante nel prescrivere a ognuno una condotta, e questo vuole dire che è senza tolleranza; è accomunante mentre espunge il funzionamento della parola, la logica particolare, l’Altro, ossia la differenza assoluta. Tolto l’Altro, cosa accade? Accade che la differenza diventa minaccia o negatività. L’epoca propugna il manierismo della gentilezza per lasciare che ognuno stia nel suo brodo, parli la sua lingua, dica quello che sa, quello che può, quello che deve, parlando facilmente. Ma accade che parlando, la lingua sia altra; ciascuno parla un’altra lingua, e così il dire non può essere controllato. Questo porta qualche disguido, per l’epoca, che nella sua accomodanza è suscettibile, permalosa; e il meno che si può dire è che apprezza il luogo comune, non già la particolarità. Chi, oggi, nell’epoca, è in grado di capire, intendere, accogliere l’annuncio che la generosità procede dal disagio e è una proprietà dell’Altro, cioè una proprietà della funzione vuota? Nell’epoca, ognuno punta a attribuirsi la generosità o a attribuirla a qualcuno per farne vanto o merito, facendone anche una misura e scambiando la generosità con l’oblatività, ossia con il dare o con il prendere.