La sostanza proibita
La questione, riguardo all’abuso di quelle che qui noi chiamiamo le sostanze psicoattive, non è quella di una campagna per la moralizzazione o l’abolizione o la proibizione di queste sostanze. Come per ogni proibizionismo la partita sarebbe persa, perché la sostanza è l’epoca; la questione non è quella di proibire l’epoca, di proibire la sostanza, di vietare la sostanza. La questione è quella del numero duale e triale. Nel momento in cui s’instaura la parola secondo il numero, allora non c’è più da scegliere tra sostanza o non sostanza.
La questione non è nemmeno quella di negare a chi vuole una sostanza di accedervi, la questione è quella intellettuale, perché non c’è sostanza e quindi che non si tratta di aderire all’offerta di sostanza lì dove si tratta della domanda. Questo sì, non può essere negata la parola a chi chiede di parlare. Non possiamo aderire al mondo come dipinto da Orwell in 1984, o alle varie rappresentazioni dell’apparato di gestione e di controllo per l’abolizione della domanda, per l’abolizione della pulsione, in nome del senso unico, della lingua unica, del concetto unico e quant’altro.
Allora, mentre la domanda chiede di trovare il modo, il discorso chiede soluzioni, questa è la questione. Ecco perché constatiamo il successo dello psicofarmaco, che non è da contrastare, quindi, con una manovra proibizionistica, ma con la testimonianza della parola.