Recensione del libro di Lucien Sfez. La salute perfetta
La salute perfetta
Si parla molto della salute. Ciascuno, quando nomina la salute, crede di sapere di cosa si tratti. Da qui, gli auguri che si scambiano in varie circostanze: “Buona salute”; “Quando c’è la salute, c’è tutto”; “Basta la salute”. Ciascuno crede di sapere che con la salute ci si augura di vivere. Ma in qualche modo, quindi, combina la salute con l’idea di morte.
Ci sono ricerche nei vari ambiti del pianeta che pongono la questione della salute non come antitesi alla morte, non legata alla questione della morte. Ma esiste effettivamente questa antitesi tra la salute e la morte? Come salute si usano, per esempio, anche i termini che vengono intesi come sinonimi: benessere, stare bene, longevità, assenza di male; ma hanno a che fare effettivamente con la salute o implicano e coinvolgono idee, fantasie, superstizioni, arcaismi che con la salute non hanno a che vedere? Molto spesso, per salute s’intende assenza di male, assenza di malattia, eppure il termine salute non ha a che vedere con la salvezza dal male o dalla morte: il termine salute indica l’integrità.
Innanzitutto, il termine salute indica che c’è un’integrità fisica, ma soprattutto integrità intellettuale, integrità di un dispositivo il cui funzionamento porta alle condizioni di vita, che sono quindi condizioni che comportano questa integrità, questa integrazione delle cose.
Pensate alla parola “cattolico”: che cosa comporta il “cattolico”, la “cattolicità”? Comporta l’integrazione; katà olòs significa “secondo l’intero”, quindi qualcosa che non manca di nulla, che comporta l’integrità. Questa è effettivamente la salute per ciascuno: ciò che si produce e procede secondo l’integrità, per integrazione delle cose, senza escludere nulla e, quindi, elaborando ciascuna cosa che si incontra, secondo la logica della nominazione.
La vita è secondo l’integrità, secondo l’intero, secondo l’integrazione delle varie cose. In questa direzione sta la salute. In questo senso, si può prescrivere la salute? si può assicurare? si può garantire? È un bene che si ha dall’origine e che si deve salvaguardare dal pericolo di perderla o è qualcosa che si conquista vivendo?
La vita è secondo l’integrità, secondo l’intero, secondo l’integrazione delle varie cose. In questa direzione sta la salute. In questo senso, si può prescrivere la salute? si può assicurare? si può garantire? È un bene che si ha dall’origine e che si deve salvaguardare dal pericolo di perderla o è qualcosa che si conquista vivendo?
Attorno alla salute sin dall’antichità sono sorte molte pratiche, religiose, magiche, scientifiche. Quanto sopravvive di esse nell’accezione che il discorso scientifico ci propone oggi? In che modo esso ruota intorno alla questione della prevenzione, intorno alla mitologia della prevenzione?
Si può dire, in fin dei conti, che la ricerca attorno al genoma umano è il tentativo di poter attuare una predizione, una previsione sul futuro; quindi ancora una volta ritornano speranze, miti, utopie, attorno alla possibilità di prevedere come saremo, quindi di conoscere il domani, di conoscere il futuro, di conoscere quindi la morte per potere evitarla.
La questione degli anziani merita una riflessione ulteriore proprio riguardo alla vita, perché per l’anziano certamente non si tratta di trovare un modo di finire la vita. E si tratta allora di considerare come l’anziano possa costituire una memoria, il modo con cui le cose entrano nella memoria e come questa memoria possa giungere alla testimonianza.
Quindi bisogna inventare qualche cosa, proprio tenendo conto dell’aumento dell’età, e forse non è da considerare così geniale l’idea di mettere gli anziani in contenitori dove possano stare tra loro e concludere in pace la vita, perché questo che sembra un modo caritatevole di favorire l’anziano è il modo di farlo finire prima.
Questa idea che si vede realizzata con le vacanze dell’anziano, i giochi dell’anziano, i collegi dell’anziano, tutto per l’anziano, è veramente un programma di morte più che un programma di vita.
Si tratta di considerare qualcosa di nuovo per l’anziano che non costituisca una ghettizzazione. Credo che questo potrebbe rappresentare un qualcosa di significativo per il valore della vita, che quindi è il valore per ciascuno, e anche per l’anziano che così può costituire una risorsa per la società attuale, dato che il numero degli anziani è sempre maggiore.
La definizione della salute come “presenza”, mi sembrava qualcosa di prossimo a un’esigenza di qualità: la salute come esigenza di qualità, in questo senso una presenza che è imprescindibile per ciascuno, che è ciò che propriamente è vitale.
La vita intesa non più come quello spazio-tempo che separa l’uomo dalla morte rispetto a quando nasce, ma piuttosto un dispositivo in cui importa quel che si fa, non già quel che si è, cosa che, credo, per nessuno sia possibile stabilire se non attraverso le cose che si fanno, e quindi attraverso un programma e un progetto di vita.