Recensione del libro di Augusto Ponzio. La dissidenza cifrematica
La lettura del testo Armando Verdiglione
Chi è l’autore di quel che si dice, di quel che si scrive? Il nome, innominabile e anonimo, è autore. Per via di questo autore la parola è impadroneggiabile, è originaria. Per questo la lingua è complessa: altra lingua e lingua altra. Il soggetto è la creatura fantastica che è stata inventata come reazione alla parola originaria da chi ha ritenuto inaccettabile non ritenersi padrone della parola e poi padrone del discorso. Così è sorto il discorso di padronanza, come reazione alla logica della nominazione, all’atto della nominazione che è l’atto originario, non inscrivibile in un’economia del senso, del sapere, della verità, non inscrivibile nel finalismo cui è rivolta ogni coscienza “ben funzionante”.
Augusto Ponzio incomincia non a caso dalla questione del nome, che è un modo per introdurre la logica della nominazione, la logica della parola. E prosegue attingendo ai significanti del proprio viaggio che s’intersecano con quelli dell’elaborazione e della scrittura di Verdiglione. Così, l’alingua, la traduzione, lo stato, la materia della parola, la materia freudiana, il viaggio intellettuale, la medicina e l’umanità, la tolleranza, la politica, l’Altro e l’altro tempo si susseguono perché sono integrazioni fra il suo viaggio, la sua scrittura, la lettura del testo di Verdiglione, che fa da sembiante, da provocazione.
E così indaga sui luoghi comuni dell’epoca, sulle banalità spacciate per tesori della comunità dei mortali.
Ognuno crede di sapere com’è fatto, ognuno vuole conoscere com’è fatto, ognuno vuole essere se stesso. L’ontologia nutre il discorso di padronanza e forma, informa, avvolge, disciplinarizza il modo con cui le cose avvengono. Risulta inaccettabile lasciare che le cose accadano, per chi presume di potere calcolare, prevedere, sapere come sono e come saranno, soprattutto per chi ritiene un dovere conoscere il destino di ogni cosa, in quanto inscritta nel tutto. Presumere questo sapere, presumere la conoscenza ignora l’anatomia: il tempo nella sembianza. Ignora l’alterità: il tempo nel linguaggio. Ignorare il tempo è prescrivere l’ontologia. Comporta inscrivere il viaggio nell’andata e nel ritorno: dall’origine alla fine. A questo seguono le visioni del mondo e l’idea che l’avvenire non possa essere che la riedizione aggiornata del passato che ritorna: come vivere sotto ipoteca. “Nessun primato della coscienza sul tempo”, p. 150.
Leggendo il libro di Augusto Ponzio La dissidenza cifrematica che compie una lettura del “testo” Armando Verdiglione, più che del testo di A. V., facciamo forse una meta lettura? Impossibile la lettura della lettura: ciascun atto è originario non si doppia né si fonda su un altro atto. Nessun affrancamento dalla parola, ma nemmeno nessun affrancamento della parola dal discorso. Il discorso è un fantasma di padronanza e la parola è originaria. L’affrancamento è un’idealità servile.
La lettura restituisce il testo; compie una restituzione, con un atto di generosità. Non pretende di dire la verità sul testo, non ne fa un’interpretazione del testo per renderlo funzionale alla visione corrente o alla gestione corrente del mondo contemporaneo, né per espellerlo in quanto non funzionale alla gestione; la restituzione in qualità è in direzione della cifra dell’esperienza di chi si trova protagonista della lettura. Comporta la candidatura alla qualità, la candidatura allo statuto intellettuale. Candidatura, non già conferma, sanzione, promozione o bocciatura. La verifica è cifrale quanto la candidatura: il candidato è testimone e il tempo cifra.
Il testo è testo dell’esperienza: come l’esperienza si scrive. La lingua è arbitraria.