La prosopopea
- On 20 Maggio 2015
- immagine, prosopopea, sembianza
La prosopopea
Facendone una figura retorica, il discorso occidentale, fa della prosopopea una caratteristica del soggetto, del personaggio che si rappresenta l’Altro speculare a se stesso, tolto lo sguardo. L’idea dello smascheramento, del volto nudo, dell’ultima maschera è solo un modo per il personaggio di trovarsi fra i suoi pari.
La prosopopea originaria è una proprietà dello sguardo, e dell’immagine. La prosopopea è l’irriducibilità della maschera. E indica lo scarto fra la vista e la visione.
Le cose si dicono e si scrivono per la prosopopea della sembianza e della Frase: non c’è soggetto della visione e quindi nemmeno soggetto dell’invidia. L’invidia soggettiva attribuisce la prosopopea all’Altro e all’io personificato, rappresentato, togliendo lo sguardo, punto di sottrazione e punto di fuga. Per raggiungere la padronanza.
Qualcosa sfugge: per chi applica la modalità algebrica alle cose, questo diventa segno della propria inefficienza, della propria insufficienza. Invece nel caso dello specchio, punto di distrazione e punto di caduta, che qualcosa cada, si muova, che vi sia sintomo, è preso dall’algebrista come l’indizio, la prova che c’è qualcosa di ostile in ciò che accade e negli altri. Contro il suo personaggio.
Attribuire a altri la prosopopea, è dovuto alla reazione verso l’immagine che risulta semovente e altra. Risulta un modo di reagire a un’immagine imprevista. A qualcosa che scompagina il ricordo di sé e di un’immagine ritenuta domestica
Con la prosopopea originaria non c’è più da scegliere tra l’invenzione e la scoperta. Impossibile togliere il velo, che è una proprietà del tempo. Niente più svelamento, niente più verità per partito preso.