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Pubblicato in AA.VV. La democrazia, Spirali 2008

DISSIDENZA O DEMOCRAZIA?

Può la parola originaria seguire la prescrizione contabile di un frazionamento dell’intero? La procedura per integrazione con cui la parola, secondo la sua dissidenza, si rivolge alla cifra, può seguire la modalità democratica?
O forse l’ideale democratico che permea il discorso politico e scientistico è un modo per espellere la parola dal pianeta e farne un sistema? La “crisi” che attraversa il pianeta in differenti strati e settori indicherebbe lo scacco di questo progetto. La “crisi”, ovvero: “Non c’è più sistema”. Non c’è mai stato.
Sistema è il mondo ideale in cui tutti “stanno insieme”; senza più il tempo a dividere ciascuna cosa, a istituire la differenza sessuale, senza più la memoria. Se il tempo divide senza algebra e senza geometria, se il tempo è taglio, come condividere? Impossibile condividere il tempo e/o il viaggio. Sta qui l’unicità. Il suo antidoto è il sistema, come luogo ideale dove la coerenza darebbe la misura della partecipazione, della condivisione. L’idea di condivisione, sorge appunto dall’idea di sistema dove ogni parte dipenderebbe dalle altre, e dunque ogni parte ha da essere coerente con le altre e con il sistema tutto. Il sistema è senza l’intero, senza integrità, senza la procedura per integrazione. È il sistema morfologico dinamico.
Il discorso occidentale è la consacrazione dell’abitudine, quale abito del passato che ritorna e volge l’avvenire in promessa o minaccia facendo previsioni messianiche o apocalittiche. È così il discorso basato sulla salvezza promessa partendo dalla minaccia che è la promessa di male. Risulta così il discorso che propugna la morte bianca: la morte della parola, la vita senza la parola. La morte bianca è la parola senza l’adeguamento originario, l’indice della contraddizione. L’adeguamento procede dall’equità, quindi dalla superficie come apertura e come squarcio. Adeguamento al due e al tre.
La contraddizione del tre è l’equivoco che ha la sua struttura nella sintassi. L’adeguamento è sia indice dell’apertura sia indice dell’equivoco. Adeguamento, quindi, come modo della relazione originaria, come modo dell’inconciliabile. Adeguamento senza coerenza. che è un altro nome del conformismo, della conformazione alla relazione sociale propria al sistema. L’adeguamento è ironico, per quanto attiene all’apertura, è equivoco per quanto attiene alla sintassi.
Contro la parola originaria, la partita si gioca sulla padronanza: chi è padrone? O, ancora di più, chi è più padrone? L’oscillazione fantasmatica è fra dipendenza e indipendenza quale altra faccia dell’oscillazione tra schiavitù e padronanza. Schiavo o padrone è da sempre l’alternativa proposta dalla rivoluzione circolare, che vede la sua realizzazione nell’alternanza. Alternanza al potere, alternanza nell’esercizio del potere, alternanza delle classi, alternanza fra chi sta sopra e chi sta sotto. Alternanza quale forma eminente della democrazia. Alternanza quale realizzazione del fantasma materno della rivoluzione circolare. Questa è la paranoia come fantasma di gestione del sistema che può giungere a tollerare un altro padrone, a preparare l’avvento di un altro padrone, di un padrone migliore, di un padrone finalmente buono, ma non tollera che il sistema possa essere dissipato. La democrazia è il fantasma della realizzazione dell’equità sociale senza il due e senza il tre, volgendo l’adeguamento nell’uguaglianza, uguaglianza dei sudditi cui verrebbe elargita democraticamente la libertà di stare nel sistema. Il suddito è la figura dell’uno che si divide in due e replicandosi produce il popolo elettorale, popolo eletto o eleggibile. La democrazia sarebbe il potere del popolo eletto. Ma l’elezione trova il suo scacco nel pleonasmo che appunto la democrazia vorrebbe eliminare.
La democrazia è il fantasma di padronanza dell’appartenenza al genere umano, a una comunità che deve mantenerne le caratteristiche umane. Così, democraticamente, si afferma il presunto principio sociale della condivisione dei valori, che individuerebbe la partecipazione al fronte del noi. Noi e voi non sono più, così, indici dell’infinito attuale, ma l’indice dell’alternanza. E l’elogio della democrazia è immancabilmente un peana.
La democrazia, ben lungi dall’essere virtù originaria della parola è il fantasma della localizzazione della libertà, intesa attributo soggettivo.
E la prescrizione della democrazia al pianeta tutto risulta l’estensione al pianeta del fantasma di padronanza, la sua presa.
“Noi e voi parliamo la stessa lingua”; questo è il motto democratico che come ci ha chiaramente illustrato Uwe Peters sfocia nella realizzazione pratica dell’ideale dell’unilingua nel prontuario diagnostico delle malattie mentali che in tutto il pianeta trovano così la condivisione classificatoria.
Augusto Ponzio altrettanto chiaramente ha indicato che democratica è la paura di commettere errori, democratico è il sapere presunto trasmissibile, rassicurante perché ritenuto comune; democratico è l’essere umano.
Di chi è il potere? Chi sta al potere? Da dove viene il potere? Come controllare il potere della parola?


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